UNA KOINE’ CONDIVISA

 

Da dove nasce la parola museo? Deriva dalle Muse, divinità protettrici della scienza e delle arti nella mitologia greca, figlie di Mnemosine, la dea custode della memoria. Il museo della Civiltà Marinara delle Marche raccoglie le memorie di comunità nate da un fecondo legame con il mare e cresciute in una koinè, cioè secondo un linguaggio e una pratica condivisa.

Nell’Età Moderna, lungo la costa marchigiana da Ancona a San Benedetto, è il capoluogo di regione l’unico dotato di un porto naturale: gli altri insediamenti costieri sono solo i punti di approdo marino dei borghi dell’entroterra collinare.

E’ curioso notare come tutti i comuni con la denominazione di “porto” non avessero in origine un porto: “gli abitanti dell’entroterra chiamano lu portu, e senza alcuna specificazione, l’insediamento costiero posto alla foce del fiume che percorre la valle su cui essi gravitano. Così per gli abitanti della valle del Musone e del Potenza lu Portu s’identifica con Portorecanati, per quelli della valle del Chienti con Portocivitanova, per quelli della valle del Tenna con Porto S. Giorgio ecc.”. (Cinucci, 1939; da Uomini e Barche. Cultura, memorie, tradizioni del litorale marchigiano, Acquaviva Picena 2008, a cura di M.L. De Nicolò.)

È dal Settecento che San benedetto del Tronto si afferma con una forte identità marinara, grazie all’acquisizione e lo sviluppo delle tecniche legate alla pesca e alla navigazione. La marineria locale s’inserisce cosi a pieno titolo nella koiné mediterranea, condivisa tra le tre differenti culture che si affacciano sull’Adriatico e dialogano nel trascorrere dei secoli: l’italiana, la balcanica, l’egeo ionica.

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